Come prendendoci per mano e raccontando sottovoce storie di musica e parole, dopo quasi due anni di “operoso” silenzio, Sergio Cammariere torna con il suo nuovo album in uscita oggi 23 settembre per Sony Music.
Un disco che raccoglie l’eredità migliore della grande scuola della Canzone d’Autore latinoamericana, francese, genovese, con arrangiamenti di alta classe. E di ricerca di una serenità possibile, in un mondo dominato dal rumore, dal dolore, dalla superficialità. Sergio Cammariere va a fondo e scandaglia il senso della vita con atteggiamento positivo e attento. C’è, in sottofondo, un senso di matura speranza e riflessione, che vuole oltrepassare le macerie che abbiamo intorno a noi. Un Sergio Cammariere che racconta, tra sonorità di grande atmosfera e una voce quasi narrante, un intenso contrasto tra la realtà e sogno sottolineato da composizioni musicali accattivanti e raffinatissime.
Le tracce dell’album sono undici – dieci canzoni ed un brano strumentale, Pangea, in cui la musica diventa il canto unificante di un mondo senza più confini. Gran parte dei testi è firmata da Roberto Kunstler, due intense incursioni liriche sono di Giulio Casale. Tra le canzoni, anche un personalissimo omaggio al maestro e poeta Bruno Lauzi.
In questo nuovo percorso, Cammariere ha come compagni di viaggio musicisti di alto profilo, quali l’eclettico Antonello Salis alla fisarmonica e l’amico di sempre, il grande Fabrizio Bosso alla tromba e flicorno. Notevole il contributo di due musicisti di autentica cultura brasiliana, quali Roberto Taufic alla chitarra e Alfredo Paixao al basso. Interessante l’incursione vocale di Gegè Telesforo. Tornano nella sezione ritmica Amedeo Ariano alla batteria e Luca Bulgarelli al contrabbasso, con l’arricchimento dato da un generoso Bruno Marcozzi a percussioni, batteria.
Sergio Cammariere – “Mano nella mano”: le canzoni
Il brano Mano nella mano nasce dall’esperienza di un viaggio di Cammariere in Andalusia, fino a Tarifa, il luogo dove l’Africa e l’Europa si tengono per mano, e l’Oceano e il Mediterraneo si incontrano, mescolando le loro correnti. Questa immagine riporta col pensiero ad un tempo primordiale in cui quelle terre erano unite. L’idea di un unico grande popolo senza barriere risveglia il senso del cammino, del “viaggio”, fino alle origini dell’uomo e la consapevolezza che noi non siamo altro che una piccola parte del creato. Aprendo il cuore e la mente, mano nella mano, riscopriremo che ognuno di noi è parte integrante dell’evoluzione umana e spirituale del mondo.
Il brano, composto in tre quarti, nel suo incedere arabo–andaluso è un omaggio, tra le righe, al grande cantautore catalano Joan Manuel Serrat, in cui il pianoforte di Sergio è sapientemente accompagnato dai fraseggi della fisarmonica di Antonello Salis e dai virtuosismi della chitarra di Roberto Taufic.
Tutto quello che porta alla consapevolezza dell’amore, delle sue articolate geometrie come in una formula algebrica, è ne L’amore trovato. Una bossa dove il pianoforte di Sergio si mescola alle sonorità sudamericane, coinvolgendo nel viaggio musicale due musicisti di autentica cultura brasiliana, Alfredo Paixao al basso e Roberto Taufic alla chitarra.
Ed ora è un canto di libertà e speranza, che sposta il cuore dalle coste dell’America a quelle della grande Madre Africa. Per ritrovare quasi la “terra promessa”, una vita semplice, una nuova giovinezza dell’anima, valori di naturalezza ormai dimenticati e sepolti tra le macerie di un mondo che oggi sta andando alla deriva. La canzone dal ritmo corale e dal sapore etnico richiama un riff “gnawa” tanto amato da Sergio e scoperto in Marocco durante uno dei suoi numerosi viaggi, precisamente a Essaouira. Due contributi speciali in questo brano: quello di Antonello Salis alla fisarmonica e l’espressivo scat finale di Gegè Telesforo, in cui la voce si libera spontanea e si fa suono.
Con un incipit modulato con sapienza dalla tromba di Fabrizio Bosso, Le incertezze di marzo ci porta in una bolla di delicatezza, in una atmosfera quasi notturna, confidenziale, che trascina dolcemente quasi oltre il reale e racconta la scelta di una libertà possibile. E’ sicuramente il brano più jazz dell’album, raffinatissimo e intenso, impreziosito dall’armonia modale, dagli accordi di sesta o di settima aumentata del pianoforte e l’improvvisazione di Fabrizio Bosso.
Io senza te, tu senza me è un omaggio molto personale al grande “poeta cantautore” Bruno Lauzi in cui emergono le indiscusse doti di grande interprete e di pianista di Sergio Cammariere. Una canzone poco nota e non scelta a caso, un vero “samba genovese”, fatto ascoltare dal Maestro a Sergio durante uno dei loro incontri negli anni ’90, quando passavano lunghi pomeriggi insieme a suonare e parlare di musica. La canzone, pensata da Lauzi con un ritmo più lento, entrò immediatamente nel dna di Sergio Cammariere, che oggi l’ha fatta sua con risultati di grande intensità.
La vita ci vuole conduce in un universo interiore fatto di domande sull’esistenza, di illusioni passate e presenti, di interrogativi sulla vita sospesi e forse senza risposte. Meravigliose le pennellate oniriche della fisarmonica di Antonello Salis che s’intrecciano col piano e la chitarra. La canzone è intrisa di intima inquietudine, di densa poesia, in una atmosfera vagamente francese, modulata dalla voce di Sergio, che è quasi musica nella musica.
Ancora non mi stanco è un’altra bossa lieve, una canzone sussurrata, molto confidenziale, dove il pianoforte di Sergio Cammariere ha un ritmo sognante e raffinatissimo. Interessante è l’inciso, dove la melodia del canto è all’unisono con il flicorno di Fabrizio Bosso.
Siedimi accanto riprende un ritmo latino americano, questa volta più vicino a sonorità cubane con un arrangiamento in cui portante è il ruolo del “guiro” e delle percussioni. Una canzone “leggera”, di grande impatto emotivo.
Così solare è una piccola storia fatta di ricordi, nostalgia e tenerezze. E’ una delle prime giovanili composizioni di Cammariere, tenuta nel cassetto fino ad oggi, dalla melodia raffinata e nello stesso tempo semplice, impreziosita dall’accordo di nona iniziale. La ritmica discreta di Bruno Marcozzi, le chitarre di Taufic contribuiscono ad arricchire l’arrangiamento molto soave.
Quel tipo strano è un vero e proprio racconto in musica, struggente ed evocativo, dal finale quasi misterioso, scritto con discrezione e sensibilità. Il canto è quasi narrativo, l’arrangiamento ha una particolarissima atmosfera con i tocchi magici della fisarmonica di Salis che riportano ancora, come mood, al mondo degli chansonniers.
Pangea è l’unico brano strumentale dell’album dal titolo quasi metaforico, che suggerisce l’idea di un mondo unito e senza più confini. Così come la pangea era l’ enorme massa continentale dal cui smembramento hanno avuto origine gli attuali continenti e bagnata da un unico grande oceano. Esso riprende le sensazioni emotive già ascoltate nella title track “Mano nella mano”. Emergono estro, creatività, arte dell’improvvisazione, senso di libertà, in un dialogo musicale tra due grandi talenti. Un saggio di bravura, dove pianoforte e fisarmonica due mondi diversi, si incontrano in una sintesi fortemente emozionante e davvero “Mano nella mano”.
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